Di fatto è auspicabile, di tanto in tanto,
stimolare una produzione insulinica poco più alta del normale, allo scopo
di mantenere una buona risposta adattiva e una buona capacità della
ghiandola preposta (il pancreas) a conservare le proprie prerogative. Come
è vero che un eccesso di insulina porta inevitabilmente ad accumulare
grasso, è vero anche che una quota moderata, per così dire "normale",
aiuta poprio nella direzione di un efficace smaltimento dei grassi.
Consideriamo quindi il temporaneo "sforamento" come un passaggio utile e
funzionale, cioè il portarsi da una dieta low carb verso un regime
occasionalmente più ricco. Specie se da diverso tempo (mesi) si sta
seguendo una dieta povera di carboidrati. Questo evento è anche
definito "refeeding" (ricarica) carboidrati. Si tratta di un occasione per scuotere
il metabolismo e può rivelarsi una scelta vincente specie quando si
raggiunge un plateau di risultati, un appiattimento, con la abituale dieta low
carb. La ricarica carbo dovrebbe avvenire utilizzando
carboidrati amidacei, prestando attenzione a non farsi
prendere la mano nelle quantità, e scegliendo sempre solo alimenti di buona,
ottima, qualità. E' chiaro che sono da evitare i carboidrati raffinati. Tra
i "buoni carboidrati" tipicamente si possono segnalare i
seguenti: le
patate dolci, la zucca, le barbabietole, il riso. In genere sono da
considerarsi "buoni" i carboidrati che non contengono lectine (un tipo di
proteina) e altri fattori antinutrienti (come alcuni inibitori
enzimatici). Altra caratteristica che li rende facilmente distinguibili è
che sono riperibili in natura
già pronti per il consumo, senza la necessità di passaggi di trasformazione per
renderli commestibili, o più appetibili (i cosiddetti processi di raffinazione). Tra
i prodotti "raffinati" rientrano il pane, le
focaccine, la pasta, i prodotti da forno in generale.
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Vediamo in modo
più analitico i
punti importanti del processo di "refeeding carbo":
- coloro che non
seguono in modo letterale una dieta low carb, e che quindi con una certa
frequenza escono dai binari del regime ristretto di carboidrati (come quando
si va a cena fuori, si festeggia un evento, si è in vacanza), non hanno
necessità di pianificare un "refeed";
- il "refeeding Carb" si pone con
una certa insistenza per quei soggetti che seguono una dieta low carb
rigorosa da almeno 2 - 3 mesi. Ma non prima di questo periodo, altrimenti
andrebbero a vanificare, almeno in parte, i vantaggi del regime a basso tenore
di carboidrati;
- la pratica del "refeeding" naturalmente non è
adatta a tutti. Se vi è una insensibilità accertata verso l'insulina (nel
caso di disturbi del metabolismo, diabete, o malattia autoimmune) non è
consigliabile;
- un modo semplice per fare il "refeeding Carb" è di
incrementare una volta alla settimana, per quattro settimane, il consumo
di carboidrati (del tipo suggerito sopra), innalzando la quota già
presente di ulteriori
100-300 gr, e tenendo in considerazione anche il tipo di attività svolta in
quello specifico giorno;
- a tale proposito bisogna ricordare che la
maggiore efficacia della ricarica carbo si ha proprio nella giornata in cui affrontiamo un
allenamento impegnativo, che preveda esercizi di sollevamento pesi;
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è buona norma, quando si attiva il "refeeding carboidrati", abbassare
contemporaneamente la soglia dei grassi. Un valore di circa 25-50 gr in
meno può
essere sufficiente;
- nel caso in cui ci siamo lasciati prendere la
mano, e il "refeed" della giornata dedicata sia andato oltre la misura
prevista, possiamo ridurre la quota normalmente assunta nella giornata
successiva di circa 50 gr, con un effetto compensatorio.
In
conclusione si può anche affermare che, se il regime alimentare che stiamo
seguendo, pur basso in carboidrati, non dà segni di cedimento, e quindi
risulta ancora efficace, il
nostro organismo lavora ancora bene, e mantiene una buona propensione a
utilizzare i grassi
corporei, allora potrebbe non essere necessario alcun intervento di "refeed".
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